Domenico Lucano si aggiudica il premio Internazionale della Pace grazie al modello Riace

yescalabria_riace_03Se la beneficenza si fa ma non si dice, lo stesso vale per chi sceglie di mettersi al servizio della collettività, senza troppo clamore. Persone che qualcuno considera eroi, ma se provi a dirglielo ti rispondono che fanno solo il loro dovere. Come Domenico Lucano, sindaco di Riace, comune di appena 1.000 anime, in provincia di Reggio Calabria, che rischiava lo spopolamento e che, grazie all’intuizione del suo primo cittadino, è tornato a vivere perseguendo la strada dell’accoglienza.

Era il 1998 quando a Riace sono sbarcati i primi migranti, circa 250 curdi stipati in un barcone proveniente dalla Turchia. Quello che per molti viene considerato un fastidio, un problema da risolvere, per Domenico Lucano, sindaco di Riace dal 2004, ha rappresentato una risorsa, una buona occasione per salvarsi a vicenda: il paese dalla sua scomparsa, i migranti dalla disperazione.

La sua storia ha fatto il giro del mondo, al punto da essere inserito nel 2016 tra i 50 leader del mondo nella lista stilata dalla rivista americana Fortune. Al suo fianco nomi come quello di Tim Cook, CEO di Apple, Papa Francesco, Mauricio Macri (presidente dell’Argentina). E Riace, conosciuta ai più per il ritrovamento dei Bronzi nel 1972, è diventato il paese dell’accoglienza, come si legge nel cartello di benvenuto.

^B7EBC8EBB9657E35E0FE2D6A5869D15735F19B9962D367FB5D^pimgpsh_fullsize_distr
Foto da www.adnkronos.com

Il 12 febbraio, il primo cittadino riceverà l’8° Premio Internazionale della Pace “Dresden-Preis”. “È raro che il sindaco di un piccolissimo paese della Calabria faccia arrossire dalla vergogna le grandi potenze mondiali. Mentre altrove vengono costruite recinzioni, Riace accoglie a braccia aperte coloro che sono fuggiti da guerra e povertà” – si legge nella motivazione di  Günter Blobel, Premio Nobel per la Pace e cofondatore del Dresden Peace Prize.

Abbiamo raggiunto il sindaco al telefono per congratularci e farci raccontare di più, ma Domenico Lucano non è uno che le manda a dire ed è il primo a stupirsi di tutto questo successo. Quasi infastidito, ci racconta che non sta facendo nulla di straordinario.

Ho cercato di fare il sindaco in mezzo alla gente ed ho messo tutta la mia energia per costruire dei processi utili alla collettività. Quello che è successo a Riace è il risultato dell’esperienza che ho vissuto in prima linea come presidente dell’associazione Città Futura alla fine degli anni ’90 e, successivamente, come sindaco di strada. Sono uno degli ultimi in mezzo agli ultimi.

Sindaco, lei pensa di non fare nulla di straordinario, ma in un momento storico in cui nel mondo si tende con più facilità ad alzare le barriere, non pensa che il suo lavoro sia se non altro unico nel suo genere?

Ma guardi, a me piace utilizzare le parole del caro Vittorio Arrigoni “Restiamo Umani”. Quello che succede nel mondo avviene perché si è smarrito il senso dell’umanità. Non abbiamo tempo per volgere lo sguardo verso l’altro. La differenza di Riace è rappresentata da una comunità che non ha voltato le spalle alle persone meno fortunate e che ha visto l’immigrato come una risorsa, piuttosto che un problema da arginare. È una Calabria che sente sulla sua pelle le sofferenze di una popolazione la cui unica colpa sta nell’essere nato nella parte del mondo sbagliata. Il messaggio che vogliamo lanciare è quello di “umanità al mondo”. 

Quanti rifugiati ospita Riace e come si sono integrati?

Oggi ci sono 500 cittadini immigrati su 1500 abitanti, ma in tutti questi anni qui sono stati accolti circa 6 mila immigrati irregolari, con diritto d’ asilo. Se sono riusciti ad integrarsi è stato soprattutto grazie ad una comunità che non si è mostrata ostile, ma gli ha aperto le porte. Gli immigrati qui hanno potuto costruirsi una nuova vita, mantenendo la propria dignità, grazie ai laboratori artigianali che sono stati creati, tra cui: quello del legno, di decorazione del vetro, di ceramica.

La sua storia è stata raccontata nel docu-film “il Volo” del regista tedesco Wim Wenders. Un documentario dove la finzione si mescola alla realtà. Si riconosce?  

Più che la mia storia, è stata raccontata la storia dell’accoglienza a Riace e Badolato. Mi riconosco soprattutto nelle parole che il regista Wim Wenders ha utilizzato durante una commemorazione sulla caduta del muro di Berlino. “La vera utopia l’ho vista in un piccolo paese della Calabria dove i muri si sono dissolti da tutti i punti di vista”. In poche parole qui si è creata quella che io chiamo “l’utopia della normalità”.yescalabria_riace_11

Il suo progetto però non riguarda solo l’accoglienza, ma anche un processo di sostenibilità ambientale e sociale.

Sì, si tratta di un progetto più ampio, che parte dalle periferie. Ho cercato soluzioni per evitare di consumare la pista edificabile e l’ho fatto attraverso la riqualificazione del vecchio centro storico, dove risiedeva la Calabria più autentica, e che stava rischiando l’estinzione, e attraverso il recupero di immobili abbandonati. Una parte di questi immobili vengono utilizzati per l’accoglienza e un’altra per un turismo solidale. Ho dato, poi, priorità all’ambiente e alla terra che ci ospita evitando di rilasciare concessioni edilizie per strutture vicino al mare e avviando politiche di raccolta differenziata porta a porta (effettuata con l’aiuto di due asinelli accompagnati da giovani cittadini). 

Nel 2018 terminerà il suo mandato di sindaco. Cosa si augura per la sua comunità?  

Io mi auguro che l’impegno sociale nei confronti di Riace possa continuare. E questo potrà accadere se la politica continuerà a considerare questa comunità appartenente non soltanto alla Calabria, ma al mondo intero.  Auspico una rivoluzione planetaria che guardi allo straniero sempre più come una ricchezza.