Intervista al direttore della Guarimba International Film Festival

Il set, il Parco La Grotta di Amantea, è tra i più incantevoli della Calabria. I lavori in concorso (ben 55) provengono da ogni parte del mondo e saranno esaminati da una giuria internazionale di esperti di cinema. La Guarimba International Film Festival, che il prossimo 7 agosto taglierà il nastro della sua V edizione, è una babele di lingue e linguaggi artistici, che esplora i sentieri del cortometraggio contemporaneo con incursioni nel mondo dell’illustrazione, e che propone un fitto programma di mostre, conferenze stampa e laboratori. Tema di della rassegna di quest’anno, la propaganda durante la guerra fredda.

Ai microfono di Yes Calabria, il direttore artistico e fondatore di Guarimba, il calabro-venezuelano Giulio Vita, racconta degli obiettivi che la manifestazione persegue e della scelta di fare proprio della Calabria la protagonista di un vivacissimo scambio culturale.

 Cinema e illustrazione: perché la scelta di questo doppio binario artistico?

 «Il festival è nato da ragazzi laureati in Belle Arti e Cinema. Volevamo mettere a disposizione le nostre capacità per creare il festival che volevamo. Sara Fratini, laureata in Belle Arti e illustratrice voleva fare di più e ha proposto questa idea di fare una mostra di illustratori ogni anno dove ciascuno deve interpretare la nostra scimmia (simbolo del festival e protagonista della locandina, ndr) e il nostro motto (“Il cinema alla gente e la gente al cinema”) nella propria lingua. È stata una decisione vincente che oggi ci permette di portare questa esposizione anche alla Mostra degli Illustratori di Bologna e offre alla Calabria il meglio dell’ illustrazione nella scena internazionale».

In una nota stampa si legge che lo scopo che la manifestazione si pone è di «riportare il cinema alla gente e la gente al cinema». Ma cosa significa esattamente?

 «Ad Amantea non c’è un cinema. A La Guarimba portiamo un grande schermo e altri elementi mobiliari che trasformano il Parco della Grotta in un’immensa sala cinematografica.

Per noi riportare il cinema alla gente vuol dire fare del cinema un atto comunitario con cui opporci a vivere in un mondo sempre più individualista. Dobbiamo creare un punto d’incontro in cui condividere idee e vivere un’esperienza collettiva ma anche personale.

Rispettare il pubblico offrendo una selezione di lavori piacevoli ma riflessivi. Mostrare cortometraggi che non siano meramente compiacenti con gli spettatori. Gli assistenti devono poter godere di un intrattenimento di qualità con narrazioni interessanti, dobbiamo garantire l’opportunità di vedere un cinema artigianale e artistico che ravvivi i nostri sensi e indaghi sia in noi stessi che nell’esperienza di vivere in un mondo condiviso».

 

Come il cinema sarà in grado di raccogliere il guanto di sfida lanciato dal digitale e dalle piattaforme di cinema online come Vimeo? Cambierà il modo di fare e intendere il cinema?

«È già cambiato. Oggi guardiamo più film di prima ma anche prodotti audiovisivi su YouTube che hanno cambiato il linguaggio e la comunicazione. Da una parte è positiva l’accessibilità e la voglia del pubblico per conoscere di più. Mi spaventa solo perdere il cinema come atto sociale e la creazione di uniformi».

 

Cosa hanno in comune per te la Calabria e il Venezuela, rispettivamente tua terra di nascita e d’adozione?

«Sicuramente paragonare una nazione intera con una regione è un’iperbole ma potrei trovare punti comuni un po’ superficiali. Le cose brutte: la burocrazia statale, l’arroganza, lo sciovinismo eccessivo, la poca fede dei suoi abitanti nel cambiamento. Le cose belle: il rapporto con la natura, la vita a misura d’uomo, la voglia delle persone di dare una mano».

 

«Un festival a forte vocazione internazionale, proprio nel cuore della Calabria. È forse vero che la Calabria è portatrice di valori universali, nel senso che i calabresi sono anche cittadini del mondo essendo da sempre un popolo di migranti? Oppure è il cinema a parlare una lingua universale e ad unire i popoli?»

 «Sono più d’accordo con la seconda affermazione. Credo nel potere della luce del cinematografo che riesce a farci stare zitti davanti lo schermo senza pensare nelle nostre differenze. Ed è questo quello che mi affascina. Non credo in questa Calabria di valori universali. È vero che siamo eterni migranti ma questo non ci fa necessariamente un popolo aperto. Chi rimane non impara tutto dal cugino che è partito. Appunto abbiamo bisogno in questa parte del mondo di iniziative di respiro internazionale, dove puoi conoscere artisti da tutto il mondo e mangiarci insieme. È questo il nostro obiettivo. Rendere familiare la diversità culturale attraverso l’arte».

 

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