Masseria Fornara e il riso della piana di Sibari, una precisa scelta aziendale e culturale

Lo sviluppo ecosostenibile dei territori, del Mezzogiorno d’Italia e del Mediterraneo è legato a doppio filo alla sovranità alimentare. Alla maggiore o minore capacità che le comunità locali sapranno dimostrare di appropriarsi culturalmente ed economicamente delle proprie risorse naturali. E, quindi, di costruire su di esse il vero valore aggiunto, capace di generare e condividere ricchezza endogena, distinguendosi per concorrere nei mercati globali. A partire da quello agroalimentare e della qualità della vita.

È su questa prospettiva, che traduce del resto oltre un secolo di esperienza, di obiettivi e di risultati imprenditoriali e familiari che la Masseria FORNARA, guidata oggi dalla sesta generazione dei PERCIACCANTE ha deciso di fare della lentezza dei tempi di produzione e di lavorazione la chiave di lettura della propria strategia di posizionamento commerciale nel settore del riso ma anche e soprattutto della propria interpretazione di responsabilità sociale d’impresa per il territorio.

IL CHICCO DEL RISO DELLA PIANA DI SIBARI È INFATTI MENO BIANCO PERCHÉ (MENO LAVORATO) PIÙ INTEGRO DI QUELLI TRADIZIONALI.

E la sua qualità e bontà riconosciute e premiate su scala nazionale non sono dovute soltanto al pur singolare e prezioso contesto climatico ed al fatto che i terreni in Calabria sono più ricchi di argilla rispetto al pavese o al vercellese (il che impone di fare tutto in sommersione), ma anche e soprattutto ad un’attenta lavorazione (essiccazione orizzontale e spigolatura poco intensa) che è di fatto molto più lenta di quella standard.

Una precisa scelta aziendale e culturale, improntata alla qualità del prodotto, ispirata alla difesa dell’identità dei territori e protesa alla sensibilizzazione ed alla ricerca di un consumatore slow, che non ha fretta e che è sempre più responsabile e consapevole.

AUTONOMIA. LENTEZZA. MEDITERRANEO. MISURA.

Rappresentano – continuano Eugenio, Elio e Matteo PERCIACCANTE, trentenni interpreti di un salvifico ritorno manageriale alla terra – le dimensioni spirituali sulle quali può essere degnamente vissuta e stimolata quella resilienza attiva, capace di suggerire un’altra lettura dei territori e delle imprese meridionali, pensando la modernità alla luce del Sud. E non viceversa. Non ritornando al passato ma arricchendo il futuro.

Per un Mezzogiorno – prendendo a prestito le parole di Franco CASSANO, Sociologo del Pensiero Meridiano – che ha in sé la sua completezza e che non deve essere considerato come un non-ancora nord. Un Sud che non costituisce uno stadio imperfetto ed incompiuto dello sviluppo, ma un altro sguardo, che mira a custodire un’autonomia rispetto al mondo sviluppato.