Tra estetica e sacralità: il Codex Purpureus di Rossano

frontespizio
Frontespizio

Non c’è dubbio che il Codice Purpureo di Rossano (Codex Purpureus Rossanensis) rappresenti uno dei più importanti manoscritti miniati del Nuovo Testamento ancora esistenti o, comunque, della cui esistenza si ha attualmente notizia.

Noto anche come il “Rossanensis”, il testo è un Evangelario miniato (200×307 mm.) in pergamena di colore porpora (da qui il nome “Purpureus”) risalente al VI secolo, composto di 188 fogli (in origine erano forse 400 i fogli) contenenti l’intero Vangelo di Matteo e quasi tutto quello di Marco (fino al versetto 14 dell’ultimo capitolo).

Al suo interno si trova anche una parte della lettera di Eusebio a Carpiano sulla concordanza dei Vangeli, oltre ad una serie di decorazioni, quindici in tutto, che rappresentano fatti e parabole relative alla vita di Gesù Cristo. Tra queste, alcune possono essere considerate tra le prime e più preziose rappresentazioni della figura canuta di Ponzio Pilato, che dalla sua “sella curule”, il sedile a forma di “X” riservato nell’antica Roma ai magistrati, riceve il Cristo e pronuncia la sentenza della sua condanna a morte.codice

Per essere scritto in caratteri onciali (lettere maiuscole greche), su due colonne di 20 righe ciascuna, con le prime tre linee, all’inizio dei Vangeli, in oro (il resto del testo è in argento), è annoverato tra i manoscritti onciali purpurei di epoca bizantina. Invero, proprio per le sue dimensioni, questo manoscritto evangelico costituisce il più ampio e prezioso tra i cinque codici greci miniati orientali esistenti nel mondo (il “Genesi Cotton” della British Library di Londra, la “Wiener Genesis” della Osterreichische Nationalbibliothek di Vienna, il “Codice Sinopense” della Bibliothèque National di Parigi, il “Codice «N»” di S. Pietroburgo).

Sebbene sia stato per secoli conservato nella Cattedrale di Maria Santissima Achiropita della cittadina ionica, il suo ritrovamento risale alla prima metà dell’Ottocento. Segnalato nel 1846 dallo scrittore Cesare Malpica, la sua scoperta viene ascritta però agli studiosi tedeschi Oskar von Gebhardt e Adolf von Harnach, tra i più grandi teologi protestanti e storici del cristianesimo tedeschi contemporanei.

Non tutti sono d’accordo, tuttavia, sull’origine del prezioso testo. Secondo alcuni studiosi esso sarebbe stato realizzato proprio a Rossano in epoca tardo romana, ma c’è un’altra tesi, ora prevalente, secondo cui lo stesso proverrebbe da Antiochia di Siria, da un “centro scrittorio” di monaci amanuensi.

Meno dubbi ci sono sul suo committente. Chi poteva permettersi, infatti, un testo in pergamena, a quei tempi molto rara e costosa, scritto per di più con inchiostro d’oro e d’argento, se non qualcuno della ristretta cerchia di corte? E’ se fosse stato proprio l’Imperatore di Bisanzio ad ordinarlo? Questa seconda ipotesi potrebbe trovare conferma nel colore purpureo dei fogli, a quei tempi tipico del rango imperiale.

Il-Codex-Purpureus-Rossanensis-conservato-nel-Museo-Diocesano-di-RossanoIn tal caso, come e quando giunse a Rossano? Le ipotesi, a tal riguardo sono almeno tre: la prima vuole che sia stato portato nella cittadina ionica tra il 636 e il 638 da monaci greco-melkiti; la seconda vuole che a portarvelo siano stati i monaci iconoduli intorno alla prima metà del sec. VIII (al tempo delle persecuzioni iconoclastiche e monacomache); la terza mette in relazione l’arrivo del Codex a Rossano con l’elevazione di quest’ultima a capitale dell’Impero Bizantino in Italia (951-982).

Certo è che ci troviamo di fronte ad un documento di valore inestimabile, che, tra l’altro, conferma la storica funzione di ponte tra Oriente ed Occidente della Calabria.

Il Codex è attualmente custodito nel Museo Diocesano e del Codex di Rossano.

Dall’ottobre del 2015 il manoscritto è Patrimonio dell’Umanità, giusto riconoscimento dell’Unesco.

 

MUSEO DIOCESANO E DEL CODEX

Via Largo Duomo, 5 87067 Rossano (Cs)

Per Info:

tel./fax.0983.525263

cell. +39.340.4759406

mail: info@museocodexrossano.it

codex  codex_big