Prassi d’urgenza e sommozzatori in azione per proteggere i resti archeologici subacquei in vista dell’imminente intervento
Una cintura di sicurezza per la falesia, i resti murari di Capo Colonna – a Crotone – e per l’antico Santuario di S. Maria: annunciati qualche settimana fa dal Segretariato regionale del Ministero della Cultura, i lavori per la protezione di uno dei luoghi archeologici più significativi della Calabria sono pronti a partire.
Un intervento decretato con somma urgenza dal dicastero, guidato da Dario Franceschini, per scongiurare ulteriori cedimenti, dopo il nubifragio dello scorso novembre 2020.
Il suggestivo sito di Capo Colonna è oggetto, proprio in queste ore, di indagini subacquee che serviranno ad individuare e assicurare i resti archeologici sottomarini, prima che si intervenga per creare il cinturone di contenimento.
Le attività preventive di prospezione subacquea, che si svolgono quando le condizioni meteo sono favorevoli “sono già iniziate – ci informa il Segretariato del Mic, attraverso la responsabile stampa Angelina De Salvo – e sono tuttora in corso a cura del funzionario archeologo subacqueo e del Nucleo Carabinieri subacquei di Messina”.
Una buona prassi, per un sito che sarà oggetto più avanti anche di un intervento più ampio e definitivo a cura della Regione.
Il Segretariato, guidato in Calabria dal direttore Salvatore Patamia, annunciando l’intervento sull’area, aveva chiarito che “le opere in somma urgenza sono state oggetto di concertazione tra gli uffici centrali e periferici del Ministero della Cultura”.
Tanti, infatti, i soggetti che – lavorando insieme – hanno reso possibile l’avvio in tempi strettissimi di questo “salvataggio” in piena regola: Segretariato Generale, Direzione Generale Sicurezza del Patrimonio Culturale, Direzione Generale Archeologia Belle Arti e Paesaggio, Direzione Generale Musei, Segretariato Regionale per la Calabria, Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le province di Catanzaro e Crotone, Direzione Regionale Musei Calabria d’intesa con il Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale, Nucleo Cosenza. Il soggetto attuatore è il Segretariato per la Calabria su disposizione di somma urgenza del Soprintendente Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le province di Catanzaro e Crotone.
Una modalità di intervento, questa, che ha puntato sulla capacità di fare rete e sulla volontà di porre in essere soluzioni immediate perché il Patrimonio fosse messo in sicurezza, in attesa di interventi strutturali.
Il Fondo Ambiente Italiano, a più riprese, si è interessato delle sorti dell’antico sito. Nel 2015 il FAI si era infatti occupato dell’area, poiché all’epoca era in atto la realizzazione di un parcheggio per il Santuario di Santa Maria di Capo Colonna, adiacente al perimetro del tempio, che avrebbe deturpato la zona e impedito nuove campagne di scavo.
“Dopo diverse sollecitazioni locali – scrive il FAI sul sito dei Luoghi del Cuore – e dopo l’intervento della Soprintendenza e del Fondo Ambiente Italiano, il progetto di parcheggio è stato bloccato e si è potuta intraprendere una nuova campagna di scavi”.
Da ricordare che il Parco Archeologico di Capo Colonna è da sempre tra i siti più amati della Calabria archeologica.
“Il parco – è la descrizione del FAI nella pagina dedicata a questo bene da tutelare – è ad accesso gratuito, si estende lungo 30 ettari di terreno dedicato agli scavi e altri 20 ettari con bosco e macchia mediterranea. Tra le aree sacre più note dell’intero bacino del Mediterraneo, il celebre Heraion Lakinion ruotava attorno al maestoso santuario dedicato alla dea Hera Lacinia, in stile dorico con pianta rettangolare di 6×19 colonne, risalente al V secolo a.C. Oggi del tempio rimane una sola colonna”.
Ed anche il Santuario di S. Maria, lambito dalle acque ed ora prossimo ad essere messo in sicurezza, testimonia un passato glorioso: eretto dai monaci basiliani di Salice Salentino, se ne ritrovava una descrizione già nel noto “Libro dei miracoli”, un manoscritto che raccontava di un tentativo ottomano di distruggere o trafugare il quadro nel 1519. Il più importante rimaneggiamento della Chiesa risale all’Ottocento, secondo il progetto del marchese Anselmo Berlingeri. Particolarmente suggestiva l’icona proveniente dal Santuario, probabilmente bizantina, infine trasferita nel Duomo di Crotone.