La Calabria per i profughi di Idomeni. Infantino: «Una grande prova di umanità»

Idomeni2Abbiamo incontrato Enzo Infantino, volontario di Palmi (RC), da poco ritornato dal campo di Idomeni in Grecia, luogo simbolo dell’emergenza profughi al confine con la Macedonia. In questa intervista ci parla della sua esperienza e dell’iniziativa di solidarietà partita dalla Calabria, che lo vede tra i protagonisti.

Sei da poco tornato da Idomeni, in Grecia. Un luogo tristemente noto ormai, in tutto il mondo, per il dramma dei profughi che lì sono bloccati, dopo che il governo Macedone ha deciso di sbarrare il confine. Vuoi raccontarci cosa hai visto, che situazione c’è laggiù?

A Idomeni c’è l’inferno, un’umanità disperata, alla deriva, che finora è riuscita a sopravvivere solo grazie all’opera delle Ong, come Medici Senza Frontiere, l’Agenzia dell’ONU per i Rifugiati (Unhcr). Parliamo di circa 12 mila persone, prevalentemente siriani, iracheni, afgani, che vivono in condizioni estremamente precarie, vittime di violenze, come quelle perpetrate a loro danno dalla polizia macedone, e della cecità delle élite europee. Il rischio, adesso, è che con la stagione calda, possa  precipitare la situazione dal punto di vista igienico-sanitario, con conseguenze molto gravi. Di positivo, c’è senz’altro il lavoro di centinaia di volontari, arrivati lì da ogni angolo del mondo. Una delle cose più belle, alla cui realizzazione ho pure partecipato, è stata l’allestimento di scuole per i bambini del campo, con mezzi di fortuna, ma anche col contributo di professori, anche professori universitari, presenti tra i volontari.Idomeni8

Quali sono i sentimenti che hai raccolto tra quella gente? Quali i loro sogni, le loro mete?

Tanta speranza, ancora. Nonostante tutto. Non dimentichiamo che si tratta di uomini e donne, di bambini, che scappano da guerre, che lasciano alle proprie spalle l’orrore del terrorismo, di daesh. Per la maggior parte di loro, il sogno è quello di oltrepassare la frontiera, per raggiungere il Nord Europa, la Germania, che ancora rappresenta la loro meta principale. Avevano scelto la rotta balcanica pensando che fosse più sicura, ma si sbagliavano: si sono trovati faccia a faccia con la “fortezza Europa”.

C’è qualche storia che ti ha colpito particolarmente?

Si, la storia di una famiglia di Aleppo, la famiglia Khalil, due fratelli con rispettive mogli, sei bambini.  Prima che scoppiasse la guerra nel loro Paese, questa famiglia era proprietaria di un mobilificio, costruivano cucine. Una piccola azienda con 17 dipendenti. Ora, il loro patrimonio consiste in 5 tende, con le quali sono accampati ad Idomeni. Ovviamente, di storie come queste ce ne sono tante e dimostrano come l’emergenza dei profughi sia figlia delle scellerate guerre che hanno destabilizzato il Nord Africa ed il Medio Oriente. Guerre che, com’è noto, chiamano in causa anche la responsabilità dell’Occidente.

Idomeni5In questi giorni è partita in Calabria una raccolta di beni di prima necessità per i rifugiati di Idomeni. Com’è nata l’iniziativa? Quali realtà ha coinvolto?

Appena sono tornato dalla Grecia ho ricevuto una telefonata da parte di Josephine Cacciaguerra e Ciro Palomba, rispettivamente cooperante internazionale e volontario, di Morano Calabro. Volevano informazioni sulla situazione ad Idomeni e comunicarmi che stavano lavorando ad un’iniziativa di solidarietà, insieme ad altre persone, anche d’oltre regione. Da lì è iniziata una collaborazione tra di noi, che presto si è allargata ad altre realtà, come l’associazione “Viva la Vida” di Mormanno, fondata da Nicola Regina. In poco tempo, grazie al contributo che è arrivato da altre realtà calabresi, da Lungro, Gioia Tauro, Palmi, Catanzaro, Reggio Calabria, siamo riusciti a raccogliere una gran quantità di beni di prima necessità (prodotti per l’igiene personale, omogeneizzati, pappine solubili, biancheria intima, medicinali, ecc.). Davvero una bella esperienza di solidarietà, una grande prova di umanità.

Ora riparti per quel luogo. Con quale spirito?

Partiremo giovedì 21 aprile da Brindisi, con due furgoni, carichi di merce, ma anche con la soddisfazione di aver incontrato in Calabria tanta sensibilità. Sono contento di poter riabbracciare la famiglia Khalil, con cui ho stretto un’amicizia, ma anche tanti altri, che ormai, per molti versi, sono entrati nella mia vita.

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