Sibari, potenza e splendore di una colonia greca

SIBARILa Grecia in casa, verrebbe da dire a proposito di Sibari, oggi frazione del comune di Cassano allo Jonio, in provincia di Cosenza, ieri tra i centri più importanti e floridi della Magna Grecia.

Fondata tra il 720 e il 708 a.C. da Achei del Peloponneso, per lo più delle zone di Elice, Bura ed Ege, la colonia di Sibari, in breve tempo, divenne la meta di migranti provenienti anche da altre aree dell’Ellade, a cominciare dalla città di Trezene, antico centro dell’Argolide orientale. Sull’origine e la fondazione della polis scrissero Aristotele e lo storico Strabone, che ancora costituiscono le fonti principali per gli studi in materia.

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Area archeologica Sibari

Ci si è chiesto, spesso, quali potessero essere state le motivazioni che spinsero quegli uomini e quelle donne a lasciare i propri luoghi natii per approdare in terre sconosciute. Molto probabilmente, alla base della decisione, anche allora, c’erano ragioni di natura economica e sociale. “Migrazione economica” ante litteram, insomma, che coinvolse, nell’arco di più decenni, molte migliaia di persone. Le spedizioni erano precedute, solitamente, da una “chiamata” pubblica, rivolta a tutti coloro che desiderassero imbarcarsi. Attraverso una serie di proclami, gli abitanti di una città venivano informati delle prossime partenze e chi voleva far parte della spedizione andava a registrarsi, lasciando il proprio nominativo ai magistrati. A guidare la spedizione era il cosiddetto ecista (dal greco οἰκιστής), colui che avrebbe sovrinteso alla fondazione della colonia. Per la colonia di Sibari, l’ecista era tal Is di Elice. Fu quest’ultimo ad entrare per primo in contatto con gli indigeni del posto, i Coni. Una popolazione di origine greca, la cui integrazione (o assoggettamento, che forse è più corretto) nella nuova polis avvenne molto rapidamente, senza grossi problemi.

Lo sviluppo della colonia di Sibari fu veloce ed eccezionale. Scrive Strabone: «La città raggiunse anticamente tanta fortuna che esercitò il suo potere su quattro popoli vicini; ebbe assoggettate 25 città; inoltre con le sue abitazioni, riempiva tutt’intorno lungo il fiume Crati un cerchio di 50 stadi (ogni stadio corrisponde a 178 m)». Un contributo notevole alla crescita ed allo splendore di Sibari lo diede senz’altro il territorio. La vasta pianura, vocata per la coltivazione dei cereali, e le colline circostanti, ambienti ideali per i vigneti; i monti, da cui attingere materie prime, come legno e argento, ma anche prodotti come miele e lana.

Sibari come sinonimo di ricchezza, abbondanza e lusso, insomma. La città della “dolce vita” (Triphè), passata alla storia per gli interminabili banchetti, per i giochi in onore degli Dei, per il “culto della tranquillità”. A proposito di quest’ultima, si narra che a Sibari le strade erano coperte per impedire ai raggi del sole di disturbare il dolce sonno degli abitanti e che dentro le mura della città erano vietati lavori rumorosi.

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L’emiciclo – Il Teatro

Nondimeno, stando alle cronache dello storico Diodoro Siculo, Sibari fu anche protagonista di un’intelligente politica di integrazione a favore dei migranti, prevalentemente italici. Grazie all’accoglienza, ed all’inclusione, di un numero molto alto di persone, accrebbe, infatti, la sua forza e la sua capacità di espansione, potendo contare su un esercito molto potente e motivato. Nel massimo del suo splendore, Sibari arrivò a controllare un territorio che si estendeva a sud fino alla foce del fiume Traente, al confine con Crotone, e a nord fino alla piana del fiume Sinni. Sul versante tirrenico la sua influenza arrivò fino a Temesa e Terina, tra le attuali Amantea e Lamezia Terme. Fu proprio per la sua politica espansionistica, evidentemente, che intorno al 520 a.c. entrò in conflitto con Crotone, città guidata da un forte spirito “moralista”, sotto l’egida della scuola di Pitagora. All’origine degli attriti tra i due centri, secondo la tesi prevalente, ci sarebbe la cosiddetta “questione tirannica”, ovvero l’evoluzione “democratica” del regime sibarita, ad opera di Telys, l’ultimo “tiranno” di Sibari e del suo impero.

Chi era Telys? E’ stato definito «un tiranno di stampo o estrazione democratica», giunto al potere con una rivolta popolare, dunque in maniera diversa dai “dittatori” tradizionali, che  generalmente conquistavano il potere con un colpo di stato, appoggiandosi all’esercito. La sua politica fu di scontro totale con il potere oligarchico, tant’è che scacciò dalla città 500 ricchi aristocratici, confiscandone i beni, ed avviò una vera e propria rivoluzione sociale su basi anti-plutocratiche. Gli esuli, com’è noto, trovarono rifugio a Crotone e questo costituì il casus belli che fece esplodere il conflitto tra le due città.

La battaglia finale sarebbe avvenuta nel 510 a.C., in un’area compresa tra la città di Lacinia e l’attuale Piana di Sibari, nei pressi del fiume Traente. Crotone si impose con le sue armate guidate da  Milone, l’atleta olimpionico plurivittorioso divenuto  stratega dell’esercito. La città viene distrutta e cancellata definitivamente con la deviazione del letto del fiume Crati sull’abitato.

La sconfitta di Sibari  fu dovuta senza dubbio ad interventi esterni. In occasione della battaglia, fu chiamato infatti Dorieo, figlio della prima moglie di Anassandrida, re di Sparta, che  giunse con le sue truppe  su esplicita richiesta d’aiuto di Crotone.

Il sito archeologico di Sibari

Il sito archeologico di Sibari è ubicato sulla costa Ionica della Calabria a breve distanza dalla foce del Fiume Crati. Questa parte del territorio calabro, nota topograficamente come sibaritide vide il sorgere, lo sviluppo e l’espansione e poi il declino della grande polis di Sibari; qui furono impiantati, in epoche successive alla distruzione della città greca, sovrapponendosi in parte alle sue rovine, prima il centro ellenistico di Thurii e poi quello romano di Copia. Questa eccezionale stratificazione fa di Sibari uno dei siti più estesi ed importanti del Mediterraneo di età arcaica e classica. L’area del parco archeologico è divisa in settori, ognuno dei quali è identificato con il nome del cantiere di scavo: Parco del Cavallo, Prolungamento Strada, Casabianca, Stombi. Tutti i settori, tranne quello di Stombi, sono visitabili. La visita al Parco Archeologico della Sibaritide rappresenta un percorso a ritroso nel tempo che dalla tarda antichità e dall’età romana scende ai livelli della Sibari arcaica di VIII secolo a.C.; bisogna però tener presente che, tranne poche eccezioni, i livelli più profondi e quindi più antichi non sono visibili e che quanto è in luce rappresenta la fase più recente, cioè quella della città romana di Copia.

Il Museo

Inaugurato nel 1996, il Museo della Sibaritide ospita interessanti reperti di epoca greca e romana (vasellame, lamine d’oro, sculture e decorazioni in terracotta), ma anche materiali recuperati in tombe indigene dell’età del Ferro e manufatti di provenienza greca, fenicia ed egiziana a testimonianza degli intensi traffici marittimi dell’epoca.

(Fonte: Soprintendenza Archeologia della Calabria)

http://www.archeocalabria.beniculturali.it