Con la stella Michelin del Qafiz di Nino Rossi trionfa l’Aspromonte. Ad apprezzarne la cucina anche Lidia Bastianich

Hanno parlato di lui Il Corriere della Sera, La Repubblica, Il Sole 24 Ore, Il Gambero Rosso e ancora tantissimi blog di cucina e territorio. Elogi al suo estro come chef, ma anche al suo spirito imprenditoriale avanguardistico che l’ha portato a concepire un progetto innovativo, in cui l’alta cucina incontra la cultura dell’entroterra aspromontano. Ci riferiamo a Nino Rossi, il giovane chef del raffinato Qafiz di Santa Cristina d’Aspromonte, recentemente insignito di una stella Michelin.

Uno chef italiano che ama rompere gli schemi per ricostruirne dei nuovi attraverso ricette e tradizioni di una Calabria inedita”. Così si definisce sul sito dove, in poche concise righe, enuclea la sua filosofia in cucina: rigore, perfezione e tanta ricerca per far brillare di nuova luce gli ingredienti, anche quelli poveri, espressione di un territorio tra montagna e mare, affinché diventino parte di un linguaggio cosmopolita.

Lo abbiamo raggiunto al telefono, lontano dal suo regno, dove ci ripromettiamo di andare presto a trovarlo, per degustare le sue creazioni. Non parleremo, quindi, di portate, benché sul web i suoi piatti siano strafotografati, la pagina Facebook e il profilo Instagram siano una rassegna di capolavori multisensoriali e le recensioni su Trip Advisor siano un’acclamazione alla sua bravura.

Nino Rossi è uno che non ha paura di remare controcorrente. Così, nonostante un diploma di maturità classica, ha deciso di dedicarsi al suo sogno: la cucina. Una passione “coltivata” in famiglia, nell’azienda agricola Villa Rossi, dove ha mosso i primi passi come chef di banchettista.

La curiosità lo ha portato, però, a esplorare nuove strade, studiando da autodidatta e sperimentandosi sul campo grazie a numerosi stage, soprattutto in Alta Badia. Ha acquisito una grande esperienza accanto a maestri come Norbert Niederkofler, Giancarlo Perbellini, Gianluca Fusto.

Differentemente da tanti suoi coetanei che studiano fuori e qui restano, lui, dopo aver vissuto la sua adolescenza nella capitale e aver girovagato per l’Italia e non solo, ha deciso di rientrare in Calabria.

Avevo in testa l’idea di applicare nel mio territorio quello che avevo visto fuori. Sapevo già che c’era qualcosa di culturale da mettere nel piatto”, ci rivela il giovane chef. Così è nata la Crème brulèe alla ‘nduja, la prima creazione dedicata alla Calabria. Una provocazione, come l’ha definita lui stesso, in cui l’ossimoro degustativo tra il simbolo sacro di Spilinga e il dolce tipico francese esprime l’imprinting dell’alta cucina coniata da Rossi: tradizionale, ma internazionale, per dare vita a nuove esperienze.

Per guardare la nostra tradizione con occhi rivolti alla modernità, occorre rivolgersi alla cucina transfrontaliera, asiatica, francese e anche spagnola”, precisa Rossi, molto attento all’utilizzo d’ingredienti locali, che attualizza “senza violentarli”.

Da dove prendi ispirazione?

Vorrei riproporre le abitudini di mangiare alcuni cibi particolari – afferma, svelando di aver ereditato dagli studi classici la responsabilità di tramandare la cultura del posto.

La mia generazione è stata l’ultima che abbia potuto assaggiare certe pietanze e lavorazioni artigianali”.

Ad esempio – ha continuato – con il mio staff abbiamo fatto un lavoro eccezionale con il pane. Ci siamo resi conto che gli ospiti del Qafiz, soprattutto quelli un po’ titubanti, dopo aver assaggiato il pane si rilassavano, si mettevano a loro agio e riuscivano a entrare nell’atmosfera del locale. Un po’ come tornare bambini…

Che cosa ha di speciale il vostro pane?

Abbiamo ripreso l’arte della panificazione di cinquant’anni fa. Oltre alle farine – ad esempio utilizziamo la segale (il grano jurmano), tipica del posto – la particolarità sta nel lievito madre”. Impossibile andare al Qafiz e non assaggiarlo. Parola dello chef.

La montagna fa parte della tua formazione. Sei stato nel Trentino Alto Adige. Cosa hai portato da lì?

Ho portato gli occhi con cui loro guardano la montagna. L’Aspromonte è ricco di biodiversità, di boschi che rappresentano una fonte inesauribile di creatività e ricchezza di profumi. Ho imparato a guardare questo immenso patrimonio come fattore culturale e a valorizzarlo in tal senso. Vorrei essere un esempio perché la mia regione venga guardata con occhi diversi. I calabresi devono imparare ad utilizzare un linguaggio cosmopolita. La mia cucina, a livello imprenditoriale, si rivolge al mondo”.

Un primo passo l’hai già fatto. Il tuo ristorante ha ottenuto una stella Michelin. Cosa rappresenta per te?

Com’è stato sottolineato dal Corriere della Sera, si è trattato di un passo avanti per l’Italia. Una volta sarebbe stato impensabile immaginare che un locale dell’Aspromonte rientrasse tra i ristoranti gourmet italiani”. “Abbiamo lavorato con dedizione per raggiungere questo traguardo” – rivela lo chef che non nasconde la sua ambizione a livello di marketing territoriale, perché adesso, per assaggiare la sua cucina, le persone devono recarsi sul massiccio aspromontano, quella montagna aspra e selvaggia che intimidisce nel nome ma conquista ogni cuore.

La sua stella Michelin guida alla scoperta di un territorio denso di storia, tradizioni, profumi, vegetazione e fauna; una strada che da secondaria, o meglio fuori dal mondo, è diventata maestra, perché porta a sperimentare un tour inedito, un condensato di avventura, ricerca e sublimazione dei sensi.

Parli sempre di noi. Che valore ha il tuo staff per il tuo progetto?

Sicuramente la mia brigata di cucina è importante, ma se il progetto esiste lo devo a una persona in particolare, la mia migliore amica, anzi una vera sorella: Rossella Audino. Qafiz esiste perché c’è lei”.

Cos’è per te la qualità?

Sicuramente è rilevante ma fondamentale è come si declina la qualità. Con il mio staff eseguiamo una continua ricerca sforzandoci di carpire qual è il meglio disponibile per renderlo eccellenza nei piatti e nella location. Tutto è importante!

A quale ingrediente non rinunceresti mai?

L’olio d’oliva“ – Una tradizione anche questa di famiglia. Del resto Qafiz deriva dalla parola araba da cui trae origine il “cafisu”, l’antica unità di misura dell’olio locale, stilizzata anche nel logo. Se l’olio è il condimento DOP, l’agnello è l’ingrediente cui Rossi è più legato. D’altronde, anche questo affonda le radici nella cultura pastorale della Calabria.

Nella continua ricerca degli ingredienti, ce n’è qualcuno che merita di essere valorizzato?

Sicuramente il ginepro di Montalto. Stiamo lavorando per riuscire a esprimerne la caratteristiche al meglio”.

Se ti chiedessi di andare indietro nel tempo, hai un ricordo in particolare della cucina dell’infanzia?

Nella mia famiglia corrono radici toscane oltre che calabresi. Sono stato fortunato perché ho potuto assaggiare il fagiano, la trippa, i fegatino di pollo…È stato come aver vissuto in un quartiere etnico”.

Una contaminazione di gusti e sapori che oggi curiosi e appassionati di cibo – i clienti ideali di Rossi – possono ritrovare nel suo locale. Ad apprezzarne la raffinata commistione anche Lidia Bastianich, ambasciatrice della Calabria nel mondo, che è stata in visita al Qafiz nel giugno 2018. Prima che ottenesse la stella Michelin.

Lidia Bastianich è venuta in Aspromonte – lo dice con grande soddisfazione Rossi – e mi ha fatto tantissimi complimenti. Ricevuti da lei, da una Chef che ha fatto la storia della cucina, mi hanno fatto davvero piacere. Mi sono emozionato. La cucina di oggi sembra semplice. La mia, in particolare, si posiziona  nella comfort zone di un cliente non specializzato nella gourmet… ma quando la Bastianich ti nota, significa che allora stai facendo un buon lavoro”.

Difatti Nino Rossi sarà presto impegnato in un tour in America che lo vedrà prima a fianco di Lidia Basstianich nel flagship store Eataly e poi al Four Seasons di Miami per la preparazione di una cena – insieme allo chef dell’hotel, anche lui di origini aspromontane – con degustazione di vini top della regione, tra cui Librandi.

Siamo certi che Nino Rossi, già membro dell’associazione Cooking Soon che promuove la Calabria attraverso la cultura del cibo, sarà un ambasciatore d’eccezione della nostra regione negli Usa. Gli abbiamo espresso il nostro augurio e lui, con umiltà, ci ha risposto:

Lo spero, sia per diffondere i prodotti, ma soprattutto a livello umano, per far superare i pregiudizi”.

Non potrà essere altrimenti, visto l’emozione che le sue creazioni suscitano, metafore di un cambiamento possibile in cui la cruda e nuda montagna si offre all’incontro delle più raffinate tecniche di nouvelle cuisine per creare esperienze sinestetiche uniche e coinvolgenti.

Una raccomandazione per chi volesse provare il percorso gustativo del Qafiz: oltre a prenotare con anticipo, non andate vie senza assaggiare, oltre al pane, il primo a base di abete bianco e porcini. È il piatto che rappresenta lo chef, il suo legame profondo con la sua montagna, silenziosa, ma generosa.

 

Per informazioni vi invitiamo a visitare il sito