Kings of Convenience, il duo indie pop norvegese ha fatto tappa a Cosenza

KINGS-OF-CONV-785x500I cuori sono caldi così come l’aria estiva che sfiora la pelle, le pareti del Castello Svevo di Cosenza riflettono le luci bianche, viola e blu dei neon. Nessun orpello, in un posto che è già di per sé incantevole. Nulla, se non due semplici, dolcissime voci e due chitarre suonate quasi come se accarezzate: basta questo a far vibrare le corde più profonde degli animi quando gli artisti sul palco si chiamano Erlend Øye e Eirik Glambek Bøe, alias Kings of Convenience, approdati per la prima volta direttamente da Bergen nel «deep South of Italy», come loro stessi definiscono la Calabria in un post sulla pagina Facebook, per un evento unico, imperdibile, targato Ponderosa Music&Art e Archimedia.

Il duo indie pop norvegese torna in Italia con un tour acustico per celebrare i primi quindici anni di musica, e lo fa riproponendo i brani più significativi della propria carriera. E così, dopo Gardone Riviera, Rimini e Sarzana, il 22 luglio è stata la volta di Cosenza, la volta in cui “il profondo sud” ha accolto l’estremo nord, in cui questi due mondi tanto diversi si incontrano, e il risultato è un’armonia perfetta, quasi naturale, e ogni stereotipo si smonta. I “re di comodo” regalano al pubblico alcuni dei loro primissimi brani tratti dall’album d’esordio Quiet Is the New Loud (The Weight of My Words, I Don’t Know What I Can Save You From), per poi passare ai pezzi dei successivi lavori, Riot on an Empty Street del 2004 e Declaration of Dependence del 2009. Ed ecco che lo schiocco delle dita e il battito delle mani si fa sempre più appassionato e intenso quando accompagna le note di Know How e Mrs Cold, l’atmosfera diventa ovattata su Homesick, e il ritornello di Boat Behind è un tripudio di voci (I could never belong to you). Il concerto si chiude con i due brani più popolari dell’intera discografia, I’d Rather Dance With You e Misread, con buona parte degli spettatori migrati dalla sedia direttamente sotto il palco, creando una dimensione più intima e complice con i due artisti, scandendo assieme a loro ogni singola parola dei testi.

È evidente come lo scarto temporale intercorso dal 2009 ad oggi non abbia generato alcuna disaffezione nei fan italiani, in particolare quelli cosentini, rimasti fedeli e sempre in attesa di una novità proveniente dal genio dei pionieri del new acoustic movement, corrente musicale che prende le mosse dai Simon & Garfunkel e che già conta diversi epigoni, tra cui gli inglesi Turin Brakes. L’aspetto da nerd tutti d’un pezzo è tradito da una simpatia spiccata: dalla dedica di Eirik a Federico II che, dice, «has kindly given ospitality to us in his house» («ci ha gentilmente ospitati nella sua dimora»), alle doti da “molleggiato” e ballerino provetto del fulvo Erlend, che sul finale si lascia andare ad una moonwalk con tanto di cilindro sul capo, sfoderando qualche battuta in un italiano quasi perfetto, complice il trasferimento dalla Norvegia a Siracusa da circa quattro anni. Poi, durante il dj set post concerto allestito per l’occasione, sono loro i protagonisti indiscussi della pista: ballano assieme ai fan scatenati ed è divertente vederli andare a tempo di Ma il cielo è sempre più blu. Perché, in fondo, senza saperlo ci assomigliamo.

Il tour italiano dei KOC è terminato col sold out del 23 luglio nell’altrettanto suggestivo Castel Sant’Elmo di Napoli. Si tratta forse di un preludio al nuovo album? Pare proprio di sì…