Riace: uno splendido borgo ai piedi delle Serre calabresi che si affaccia sul Mar Jonio, conosciuto ovunque per il ritrovamento, circa mezzo secolo fa, dei famosissimi Bronzi. Più di recente, però, il motivo che ha reso nota la cittadina in tutto il mondo, attirando l’attenzione della politica e della stampa nazionale e internazionale, è stato anche un altro: Riace vanta uno dei modelli più avanzati in materia di accoglienza e integrazione dei migranti, studiato dai ricercatori delle più grandi e prestigiose università. Per le sue idee innovative e il ripopolamento di un luogo che sembrava destinato all’abbandono, il sindaco Domenico Lucano è stato inserito dalla rivista Fortune al 40° posto nella classifica degli uomini più influenti del pianeta nel 2016. Sono in media 800 gli stranieri giunti nel piccolo centro, impiegati in diverse attività e provenienti diversi Paesi. Ma come funziona il sistema di accoglienza riacese, tra i più virtuosi al mondo? Vediamo nel dettaglio alcuni punti.
I bonus. Si tratta di una moneta virtuale che sostituisce il denaro nell’attesa – spesso prolungata – che a Riace arrivino i fondi relativi al progetto Sprar. I negozianti hanno accettato da subito questo tipo di pagamento, una sorta di credito da convertire in euro appena i finanziamenti vengono erogati. Le banconote, stampate in tipografia, sono tutte molto colorate e originali: ciascuna di esse, infatti, rappresenta un diverso personaggio storico. Un buon metodo, dunque, per autonomizzare le famiglie nell’attesa che vengano corrisposte le spettanze.
Il pozzo. Riace è ricca d’acqua: basti pensare che il suo stesso nome deriverebbe dal greco-bizantino Ryaki, ossia “piccolo ruscello”. Proprio per questo motivo, gli amministratori stanno lavorando alla creazione di un pozzo e all’installazione di energia elettrica da parte di una società specializzata al fine di rendere il comune autonomo da enti privati (la parte della “marina”, di fatto, lo è già). In tal modo, il risparmio per i cittadini sarebbe notevole: dovrebbero corrispondere al comune soltanto un contributo minimo.
Fattoria didattica e ambulatorio. La fattoria didattica, nata a inizio 2018, ospita lavoratori riacesi e stranieri, che insieme allevano galline, conigli, oche, e coltivano i prodotti della terra con metodi equi e sostenibili. C’è anche un ambulatorio medico dove due specialisti (un pediatra e un ginecologo) visitano gratuitamente tutti gli abitanti del paese.
L’asilo multietnico. Finanziato dalla Regione Calabria nel 2017, ospita 30 bambini, tutti di diversa nazionalità. Attualmente vi sono impiegati 14 operatori e non è raro assistere a scene in cui bambini di diversi Paesi e culture giocano insieme senza barriere: così, i piccoli vengono educati sin dalla prima infanzia alla tolleranza e al rispetto della diversità.
Il frantoio. Un vecchio frantoio con antiche macine in pietra destinato alla produzione di olio extravergine di oliva è stato ristrutturato e dotato di attrezzature moderne.
Ristoranti e botteghe. Grazie al contributo dei migranti, a Riace sono nate officine di ceramica, di tessitura con telai manuali e filatura manuale della lana e della fibra di ginestra; laboratori per la preparazione di conserve alimentari (in particolare confetture di arance e mandarini con metodi artigianali), lavorazione del latte di pecora e di capra, del pane a lievitazione acida e del cioccolato. Queste attività hanno permesso di recuperare antichi mestieri e tradizioni ormai caduti in disuso e di creare nuove opportunità occupazionali per tutti i residenti. Degna di nota, poi, è la taverna “Donna Rosa”, che propone cucina etnica e gastronomia tipica e dove diverse persone sono impiegate grazie alle borse lavoro.
La raccolta differenziata. La vera particolarità di Riace è forse proprio la raccolta differenziata dei rifiuti, un unicum che non ha eguali in tutta Italia: ogni giorno, infatti, due operatori ecologici passano con i carretti trainati dagli asini per le strade della città a ritirare i sacchetti dell’immondizia porta a porta, recuperando così un antico mezzo di trasporto.
L’albergo diffuso. Con un mutuo di 51 mila euro erogato da Banca Etica è stato possibile ristrutturare case chiuse da 40 anni, di proprietà di emigranti mai più tornati. Con il loro consenso, sono stati rimessi a posto infissi e impianti e sono stati creati oltre 100 posti letto per ospitare turisti solidali da tutto il mondo, desiderosi di partecipare alla gestione dell’accoglienza.