“Il Buco” di Frammartino premiato a Venezia: coraggio e incanto nel capolavoro che consacra il Pollino. In sala il 23 settembre

Tutti in sala il 23 settembre: dopo gli applausi e il meritato Premio speciale della Giuria alla Mostra internazionale del Cinema di Venezia, il pubblico potrà adesso immergersi in quel luogo evocativo che il regista Michelangelo Frammartino ha reso famosissimo, l’Abisso del Bifurto del Pollino calabrese.

Una epifania: questo è stato il film “Il buco” alla Mostra del Cinema di Venezia 2021.

La premiata opera del regista “calabrese di Caulonia, nato a Milano”, come egli stesso si è più volte definito, è stata una rivelazione: ha reso visibile l’invisibile, coni tratti dell’imprevedibilità, dello stupore e dell’eccezionalità.

L’opera racconta l’impresa di un gruppo di speleologi che scoprirono nel 1961 una delle grotte più profonde del pianeta, l’Abisso del Bifurto, situato tra i comuni di Cerchiara e San Lorenzo Bellizzi, nel Cosentino calabrese.

Quei giovani esploratori facevano parte del Gruppo Speleologico Piemontese di Torino.

Come già evidenziato dallo stesso regista, era quello l’anno in cui in Italia l’economia “esplodeva”. E mentre al Nord si mirava al cielo, con la costruzione del Pirellone, nel Sud semivuoto dell’emigrazione si cercava l’ineffabile e l’invisibile, nel ventre inesplorato della terra.

Uomo e natura sono i protagonisti assoluti di quest’opera: un dialogo tarato sugli sguardi, ispirato a un sacro e reciproco rispetto, nel quale il nondetto è depositario di verità.

Il successo e il premio a Venezia

Il film di Frammartino è stato accolto da grande attesa alla Mostra del Cinema di Venezia appena conclusa. “Questo film ha la purezza di un diamante”, aveva sin da subito dichiarato il direttore del festival, Alberto Barbera.

All’attesa è seguita l’ovazione, alla prima proiezione: “Dieci minuti di applausi a più riprese e grande commozione in Sala Grande”, scrivevano le agenzie di stampa, con i veterani della speleologia Giulio Gècchele e Beppe De Matteis commossi fino alle lacrime”.

Infine l’incoronazione, con il Premio speciale della Giuria. Il buco ha vinto anche il Premio FEDIC come Miglior Film, Il Premio pellicola d’oro per il Miglior operatore e il Green Drop Award 2021.

“Grazie agli speleologi che danno forma al buio e se ne occupano; e grazie alla Calabria, la regione più bella d’Italia”, le prime parole del regista, emozionato e felice.

Sono loro i protagonisti di questa impresa, anche cinematografica: gli eroi delle rocciose profondità.

Il 19 dicembre 2019 – come riporta il sito della speleologia italiana (qui) si chiudevano le riprese del film.

“Il buco nasce dall’incontro con il territorio di San Lorenzo Bellizzi e in particolare con lo speleologo calabrese Nino Larocca che conosce profondamente l’Abisso del Bifurto – raccontava all’epoca Frammartino -sono quattro mesi che io e la mia troupe giriamo all’interno di questa grotta. Abbiamo sfidato il buio, l’isolamento, il vuoto per raccontare l’impresa di dodici speleologi che nel 1961 decisero di scendere in Calabria ed esplorare altre profondità”.

Dal 1961 all’oggi, il coraggio è la cifra di questo bellissimo racconto.

Dalle grotte, come riportato da Askanews, sono arrivati sul red carpet di Venezia molti di quei “temerari”: “Leonardo Zaccaro, Jacopo Elia, Luca Vinai, Denise Trombin, Mila Costi, Claudia Candusso, Giovanbattista Sauro, Federico Gregoretti, Carlos Josè Crespo, Enrico Troisi, Angelo Spadaro, Paolo Cossi, gli speleologi che hanno partecipato immergendosi nelle profondità con il regista Michelangelo Frammartino, la sceneggiatrice Giovanna Giuliani, il direttore della fotografia Renato Berta e la troupe, ma anche – testimoni d’eccezione – gli speleologi veterani Giuseppe De Matteis e Giulio Gècchele, che guidarono la prima spedizione nel 1961”. Nel cast del film ancora Nicola Lanza (il pastore Zì Nicola), Antonio Lanza (suo figlio), Leonardo Larocca (medico).

Per un’opera realizzata – ricordiamo – grazie a una serie di sinergie internazionali: “Il film prodotto da Marco Serrecchia, Michelangelo Frammartino, Philippe Bober, è una produzione Doppio Nodo Double Bind con Rai Cinema, in coproduzione con Société Parisienne de Production, EssentialFilmproduktion con il sostegno di MIC – Direzione Generale Cinema, Eurimages, Calabria Film Commission, Regione Lazio, CNC – Aide AuxCinémasDu Monde, Arte France Cinéma, ZDF/ART, MedienboardBerlinBrandenburg, Cinereach con la collaborazione e il patrocinio di Parco Nazionale del Pollino, Comune di San Lorenzo Bellizzi e la Società italiana di Speleologia, sarà distribuito nel mondo da Coproduction Office e in Italia da Lucky Red”.

Dentro l’opera: il coraggio visionario
e la conquista del buio e del silenzio

Il buco è un film che guarda le cose. Montaliano, tanto è essenziale, come tutte le opere di Frammartino: “Le quattro volte” o “Il dono” ne portano il segno distintivo. Anni di ricerca e sperimentazione, che riscuotono grande interesse nel mondo: nell’aprile del 2013 presenta nel prestigioso Dome del Moma PS1 di NewYork l’installazione video monocanale Alberi.

La roccia, il Pollino semisconosciuto, la Calabria senza retorica portati sulle vette del cinema internazionale sono di per sé una rivoluzione.

Ciò che più è emerso in questi giorni, dalle recensioni di chi ha visto il film a Venezia alle dichiarazioni del regista alla stampa, è che “Il buco” ha scompaginato tutte le regole della macchina dei sogni. E ha vinto!

Quella voragine da scandagliare ha smosso qualcosa e ognuno la leggerà come sente di fare, soprattutto grazie a un regista che non ha ceduto alla tentazione della metafora, sapendo che questa nasce spontanea solo quando il racconto, semplicemente, funziona.

L’abisso del Bifurto diventa una “star”e meriterebbe una finestra speciale
nel portale turistico della Regione Calabria

Il comune di Cerchiara di Calabria, dove insiste il sito che ora ha una fama planetaria, lo presenta sul suo portale con queste parole, essenziali: “Il territorio di Cerchiara di Calabria è ricco di grotte di origine carsica, che alloggiarono i primi abitatori ed i monaci basiliani del IX secolo. In epoche successive, furono nascondiglio e riparo per briganti e pastori”.

“Tra le più importanti citiamo il celeberrimo Abisso del Bifurto, detta anche ‘Fossa del Lupo’. Si tratta di un profondissimo inghiottitoio che scende in verticale per 683 metri – si legge ancora sul sito del comune calabrese – esempio fra i più evidenti del lavorio carsico sulle pendici del Pollino. Occupa il quarantesimo posto nella graduatoria delle grotte più profonde del mondo ed è, secondo gli speleologi, una delle cavità più difficili dell’intero Mezzogiorno. Nei suoi pressi fiorisce la superba Peonia maschio (Paeonia mascula ssp. Russoi), una rara pianta del Pollino”.

Quei quasi 700 metri di “sprofondo”, nel cuore del Parco del Pollino tra i fianchi confinanti di Calabria e Basilicata, sono adesso famosi come una star.

Sul Portale ufficiale del Turismo della regione Calabria – www.turiscalabria.it – di Cerchiara si pongono in evidenza “Il profumo della città del pane” e la “Grotta delle Ninfe”.

La speranza è che la lacuna venga presto colmata con una pagina dedicata.

Non perché il Buco del Pollino sia un “mero” luogo turistico, ma perché l’Abisso del Bifurto si è imposto, grazie al cinema di Frammartino, come un nuovo luogo dell’anima.

Il regista ha calato lo scandaglio dove c’è buio e silenzio, bellezza che si mostra solo a chi – paziente – la sa cercare. Rischiando l’osso del collo. Pur di vedere, pur di scoprire.

Ha puntato la sua telecamera su un buco nella terra, che sfugge persino all’immaginazione, ma anche sulle braccia e il coraggio di quegli eroi appesi alle corde, abituati al silenzio e a poche parole.

Ha puntato la camera sulla “Fossa del Lupo” che è in ognuno di noi.

Non a caso il regista ha dichiarato: «Per usare un termine cinematografico, potremmo dire che le grotte costituiscono un fuori campo assoluto, anche perché la notte eterna che regna al loro interno sembrerebbe quanto di più ostile alla macchina da presa. Eppure, chi ama il cinema sa bene che il fuori campo, l’invisibile, rappresentano la sua “sostanza” più profonda. Mi colpisce la coincidenza che Speleologia, Cinema e Psicoanalisi abbiano il loro battesimo nella stessa data, il 1895».

Quel foglio di giornale che prende fuoco tra le mani dello speleologo, e inizia la sua lenta caduta nell’abisso, è l’immagine di qualcosa di più.

“La bellezza è negli occhi di chi guarda”: recita una celeberrima citazione letteraria. La bellezza è certamente negli occhi di Michelangelo Frammartino e dei “suoi” speleologi.

Grazie a loro, adesso sarà presto anche in quelli di molte, moltissime persone: dal prossimo 23 settembre.