Un taglio del nastro speciale, ieri presso il Museo archeologico di Reggio Calabria, per la mostra “Salvati dall’oblio. Tesori d’archeologia recuperati dai Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale”.
L’elicottero volteggiava sul MarRc e la presenza di una folta schiera di forze dell’ordine ha preannunciato l’arrivo del generale Roberto Riccardi, Comandante nazionale dei Carabinieri del TPC, affiancato dal Capitano Bartolo Taglietti, Comandante del Nucleo Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale di Cosenza e dall’Archeologo Maurizio Cannatà.
Un allestimento davvero speciale, nella magica piazza Paolo Orsi del Museo dove si trova anche l’installazione del grande artista Alfredo Pirri: i reperti in mostra potranno essere visitati fino al prossimo 9 gennaio 2022.
Una apertura particolarmente prolungata, proprio per l’eccezionalità dei tesori esposti: frutto delle tante operazioni messe a segno dai carabinieri del Nucleo Tutela Patrimonio culturale e che, proprio per questo, nell’esposizione mantiene, per ogni vetrina, le indicazioni di dove e quando le forze speciali del nostro Paese hanno potuto recuperare, e consegnare ai musei, i reperti trafugati dalla criminalità organizzata.
Proprio per questa ragione, l’evento al Museo dei Bronzi di Riace si è tramutato in una vera e propria festa della legalità.
«È una grande emozione essere presente all’inaugurazione – ha dichiarato il Generale Roberto Riccardi, Comandante nazionale dei Carabinieri del TPC – qui è nata la cultura, e questa mostra, con il suo curato percorso espositivo, rende molto bene l’idea del grande lavoro svolto nel tempo dal Nucleo di Cosenza per la salvaguardia di un patrimonio straordinario, quello di una regione ricca di storia e di archeologia».
Il generale Riccardi, uomo di cultura e scrittore, ha manifestato, nel suo discorso di apertura, tutta la sua emozione per questa particolare esposizione, ma anche il suo profondo legame con la Calabria.
Un discorso davvero sentito, nel quale l’alto graduato ha inteso sottolineare più volte il grande lavoro del Nucleo tutela Patrimonio per restituire allo Stato beni culturali di incommensurabile valore, innanzitutto per la memoria e l’identità di un Paese.
IL PERCORSO
Il percorso, diviso in tre sezioni tematiche, presenta oltre 150 preziosi reperti archeologici rinvenuti illecitamente o pronti per essere venduti sul mercato clandestino, e recuperati dal Nucleo Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale di Cosenza.
«Un vero onore poter ospitare in Museo questi manufatti – ha commentato in apertura dei lavori il Direttore del MArRC, Carmelo Malacrino – non soltanto per il contributo archeologico e di ricerca, ma soprattutto per il valore civile che essi testimoniano nei confronti della collettività per la tutela dello straordinario patrimonio culturale italiano e calabrese in particolare. L’obiettivo della mostra non è soltanto quello di esporre reperti archeologici che, diversamente, sarebbero rimasti sconosciuti in qualche vetrina di collezionisti privati, ma anche quello di descrivere e comunicare al pubblico l’eccezionale azione di contrasto alle attività illecite e ai reati contro il Patrimonio Culturale condotta con orgoglio dai Carabinieri in sinergia con il Ministero della Cultura e con le sue diramazioni regionali. Ringrazio quindi l’Arma per le sinergie proficue messe in campo per la realizzazione di questa esposizione. Una mostra che vede la luce dopo i mesi di chiusura al pubblico determinati dalla pandemia e della cui realizzazione siamo fieri. Sono certo – conclude Malacrino – che essa rappresenterà un valore aggiunto alla collezione permanente del Museo, entusiasmando gli animi e la vista dei calabresi e dei turisti che attendiamo numerosi».
IL SOCIALE
Una festa, si diceva, che ha dato spazio non solo alla mostra, ma anche alle sinergie che nel Museo stanno crescendo per unire la cultura al sociale.
Tra queste, la collaborazione con il Tribunale dei Minori e l’Istituto Alberghiero di Villa San Giovanni, con anche il contributo dell’associazione guidata da Bruna Siviglia.
I ragazzi che stanno svolgendo un percorso presso il Tribunale dei minori studieranno i reperti al museo per poi illustrarli ai propri coetanei delle scuole reggine coinvolte nel progetto.
Le nuove generazioni, insomma, diventano testimoni di bellezza e portatrici di valori e di memoria.
LA RICERCA
I lavori per l’inaugurazione sono stati coordinati dalla giornalista Emanuela Martino e dal direttore Malacrino. Grande l’emozione, sul panoramico terrazzo del Museo affacciato sullo Stretto, per una data che segna anche la ufficiale riapertura delle porte al pubblico, dopo lo stop dovuto alla pandemia.
Un momento di incontro e riflessione – alla presenza del direttore del Segretariato dei Beni culturali in Calabria, Salvatore Patamia, dei soprintendenti calabresi, tra cui Fabrizio Sudano, da poco insediato, ma anche di funzionari e responsabili di settori strategici dei beni culturali calabresi, come Giacomo Oliva.
Insieme a loro, tutti i soggetti che, a vario titolo, contribuiscono al recupero e poi alla valorizzazione e musealizzazione di questi reperti, senza dimenticare chi, come gli esperti dell’Unical, svolgono il delicato lavoro di smistare i veri dai falsi.
Non a caso, all’interno dell’esposizione, si trovano anche opere false, giustamente esposte in una teca particolare per metterne in evidenza la loro non originalità, pur nella indiscutibile bellezza.
L’esposizione si avvale, per questa finalità di studio, della collaborazione del Dipartimento di Culture, Educazione e Società dell’Università della Calabria e anche della Direzione Regionale Musei Calabria.
A spiegare queste fasi di studio il funzionario archeologo Maurizio Cannatà: «La prima sezione tematica della mostra evidenzia il valore identitario che il patrimonio culturale riveste per l’intera collettività, l’importanza della sua tutela e della sua valorizzazione come valori fondamentali della nostra Nazione, così come sanciti dall’art. 9 della nostra Costituzione. L’allestimento prosegue rimarcando il rapporto tra la Costituzione repubblicana e la moderna legislazione contenuta nel Codice dei Beni Culturali e del paesaggio, sottolineandone la lunga tradizione derivante dalla normativa vigente negli stati preunitari. Nella seconda sezione della mostra sono descritti i compiti, le funzioni, le attività operative del Comando TPC e del suo Nucleo calabrese, che hanno permesso di salvare dalla distruzione numerosi siti di interesse culturale e paesaggistico, nonché di recuperare migliaia di opere d’arte trafugate illecitamente. Una volta conclusi i procedimenti giudiziari scaturiti dalle attività investigative, il patrimonio culturale di proprietà statale recuperato dai Carabinieri TPC viene affidato al Ministero della Cultura. La terza sezione – conclude Cannatà – descrive l’intensa attività dei tecnici del Ministero, Archeologi, Architetti, Storici dell’Arte e Restauratori, finalizzata a recuperare il valore culturale e storico dei beni».