Catanzaro celebra il suo artista a dieci anni dalla scomparsa
“Credo che l’artista sensibile a ciò che succede nel mondo dovrebbe raccontare con la sua creatività i fatti più importanti della nostra vita. Mi sono chiesto se in un momento così tragico l’arte fosse una risposta sufficiente alle follie che ci circondano. L’arte è pace e profezia. E, quindi, dopo la morte c’è rinascita”.
Sono le parole di Mimmo Rotella, quasi un testamento spirituale, che oggi, a dieci anni dalla sua scomparsa, risuonano più vive che mai.
Dieci anni fa, infatti, l’8 gennaio 2006, moriva a Milano il genio catanzarese tra i più importanti artisti italiani del Novecento.
Nella sua città natale hanno preso il via, nell’anniversario della morte, una serie di iniziative con l’obiettivo di raccogliere la sua grande eredità.
Autentico testimone della modernità, Mimmo Rotella fu animato da una “vitale agitazione”. La sua opera è considerata tra le più innovative dell’arte del XX secolo, e i suoi décollages rappresentano l’arte italiana assieme alle opere di Fontana, Manzoni, Burri e De Chirico in tutte le collezioni internazionali.
Ho dentro di me la Magna Grecia…
Nato a Catanzaro il 7 ottobre 1918, dopo gli studi, nel 1945, si trasferisce a Roma. In quella “Roma città aperta”, la Roma di quegli anni della ricostruzione caotica e del disinvolto edonismo della Dolce Vita, ma anche la Roma di sempre quella dei giochi del Circo e del Colosseo, la Roma barocca di Piazza di Spagna, quella di Trastevere, di Porta Portese, si è forgiato il suo sguardo, che lui scherzosamente definì il suo “Radar Mentale”, quell’istinto che lo spingeva a cogliere gli effetti dirompenti della quotidianità urbana.
Un Radar Mentale che ha origini lontane, che è parte di una memoria genetica tanto cara all’uomo quanto all’artista. Mimmo Rotella amava profondamente la sua terra natale, soprattutto il mare. “Io penso di discendere da Duchamp, sento forte questa derivazione europea che mi distingue dagli americani. Ho dentro di me la Magna Grecia”.
Gli anni che vanno dal 1945 al 1951 furono per l’artista un periodo caratterizzato da un’attività febbrile e da un’intensa ricerca, ed è proprio nel rigoglio spontaneo e vitale della città che trova la sua strada e il suo stile. Le forme dell’arte sono davanti agli occhi di tutti, ma non tutti hanno la capacità di vederle. Solo attraverso l’intuizione – quella che Rotella stesso chiama l’intuizione Zen – è possibile cogliere queste rivelazioni materiali, riconoscerne la portata linguistica per farne materia prima di processi artistici.
Il realismo di Rotella non è fatto però di immagini in qualche modo mimetiche, ma di elementi complessi, di processi formativi assunti quali termini di un linguaggio in progress. La realtà non è un’apparenza ma una sostanza, da assumere in tutta la sua sconcertante poliedricità, non per imitarla nei suoi aspetti rassicuranti, né per lasciarsene pervadere nei suoi aspetti sentimentali, bensì per emularla sul terreno stesso della sua attualità, nell’assunzione totale dei meccanismi e dei processi che determinano la sua esistenza materiale e fattuale.
Quando nel 1951, giunse negli Stati Uniti all’Università di Kansas City, aveva già messo a punto il suo linguaggio “epistaltico”: una musica vocale pura, a base di suoni inarticolati e derivanti dai rumori urbani, che fluisce libera proprio come il lettrismo parigino di quegli anni, la poesia fonetica dei dadaisti tedeschi e il rumorismo futurista. Il soggiorno a Kansas City consolida le sue intuizioni artistiche. Infatti, al suo ritorno a Roma nel ’53, “scopre” sui muri i manifesti lacerati: “…avevo sentito che lì c’era uno spazio di ricerca corrispondente alla mia identità, che parlava al mio intuito. Allora ho cominciato ad esprimermi attraverso immagini nuove, a creare il mio linguaggio”.
I primi Décollage risalgono, infatti, al ’53. Fino al ’57 la tecnica di Rotella fu quella del Doppio Décollage. I manifesti strappati dai muri vengono riportati direttamente su tela e una volta incollati al supporto, nuovamente lacerati dall’autore. Le sue passeggiate per le vie di Roma erano una perpetua caccia al tesoro ed il frutto della raccolta nutriva la sua immaginazione.
Fra il 1958 e il 1960 la visione di Rotella tenderà a definire un sovralinguaggio della defigurazione. L’artista rinuncia, quindi, al doppio décollage a vantaggio della scelta pura dell’immagine lacerata. Questa evoluzione culminerà nella serie tematica “Cinecittà”, una serie di manifesti cinematografici italiani, a grandezza naturale, fra le quali figurano le famose Marilyn lacerate, oggi divenute icone della nostra cultura urbana.
Più tardi, Rotella vivrà a Parigi sedici anni, dal 1964 al 1980, integrandosi perfettamente, attraverso il gruppo dei Nouveaux Réalistes, nella scena dell’avanguardia locale e diventando una delle figure di spicco della Tout-Paris dell’arte. Man mano che il suo successo si afferma, egli moltiplica i viaggi e le esposizioni in tutto il mondo. La Germania, l’America e il Giappone sono particolarmente sensibili al suo approccio diretto della natura urbana.
Quando nel 1980 lascia Parigi per trasferirsi definitivamente a Milano, non è più il “martire beat” di Piazza del Popolo che torna nel Bel Paese, ma uno dei protagonisti mondiali della cultura urbana del nostro secolo. L’Italia se ne rende presto conto. All’inizio degli anni Ottanta Rotella espone da Marconi a Milano. Arrivano, infine, negli anni Novanta la prima mostra antologica istituzionale in Calabria al Museo Civico di Rende, Cosenza (1996), e la committenza di un grande pannello per l’atrio dell’aeroporto di Lamezia Terme, che Rotella realizza ispirandosi al mito del volo di Icaro (1999).
Rotella chiude quel secolo e quel millennio con un’immutata voglia di cambiamento e con la fiducia nelle trasformazioni favolose. La sua privata crociata contro la mediocrità e la convenzionalità gli ha fatto guardare le cose con occhio affascinato e atteggiamento innovatore.
Ha rinnovato i linguaggi dell’arte come solo pochi hanno saputo fare nel secondo dopoguerra; ha cercato di estendere le sue intuizioni al suo stesso stile di vita. Ha lasciato la Calabria quando ancora erano forti le chiusure provinciali per andare alla scoperta del mondo e della propria identità d’artista. Ha incarnato il sogno americano entrando in sintonia con i modelli estetici d’oltreoceano e facendosi, a modo suo, interprete di una cultura del progresso e dell’edonismo. Ha mantenuto, però, l’estro meridionale e la capacità di appassionarsi alle idee in cui ha creduto, riuscendo, tuttavia, a tenere nei confronti degli eventi un certo distacco – ma il décollage non è, appunto, un distacco? – come insegna la filosofia buddista, da lui condivisa.
Il Rotella calabrese ha per lungo tempo inseguito il Rotella americano, campione dell’emancipazione e della modernità. Egli torna in qualche modo al privato, scoprendo nelle sue recenti sovrapitture le immagini familiari e autobiografiche. La storia di un’esistenza improntata ad una visione cosmopolita e metropolitana si riconcilia ora con l’anima antica. “Strappare i manifesti dai muri è la sola compensazione, l’unico mezzo per protestare contro una società che ha perso il gusto delle trasformazioni favolose…”. Strappando simbolicamente l’ultimo strato di una successione di eventi Rotella ricongiunge oggi e ieri, decostruendo la propria vita e assemblando i sogni con i ricordi. Le mitologie personali e del passato si mescolano con i miti del consumismo e della società di massa, in una complessa e variegata umanità, che trova il suo momento di sintesi proprio nell’arte che si rinnova.
“Se avessi la forza di Sansone, incollerei Piazza di Spagna con le sue tinte autunnali tenere e molli sulle rosse piazze del Gianicolo ai bagliori del sole calante…”. L’ha avuta, Mimmo Rotella, questa forza da Sansone che gli ha permesso di edificare senza tregua un’opera che fa di lui “l’incontornabile protagonista della nostra cultura urbana, l’indispensabile testimone del destino della modernità”.
Nel capoluogo calabrese le celebrazioni in memoria del grande artista
Nel giorno del decimo anniversario dalla morte del grande artista catanzarese, lo scorso 8 gennaio, sono state avviate le celebrazioni in suo onore che si estenderanno fino al 2018, anno del centenario della nascita. L’Amministrazione comunale e la Fondazione Mimmo Rotella (nata nel 2000 per volontà del maestro), rappresentate dal sindaco Sergio Abramo e dal presidente Rocco Guglielmo, hanno deposto una corona di fiori sulla lapide dell’artista nel cimitero centrale di via Paglia e successivamente è stata scoperta in piazza Rotella la targa disegnata dal progettista Franco Zagari per identificare lo spazio che il Comune ha inteso intitolare alla sua memoria.
Il calendario delle iniziative prevede tra i progetti più immediati la realizzazione di un documentario Sky e la riqualificazione dell’opera muraria che porta la sua firma presso il palazzo delle Poste sul corso Mazzini. Diverse le iniziative che avranno luogo alla “Casa della Memoria”, (la casa museo, aperta nel 2005, che Rotella ha fortemente voluto, trasformando quella che era la sua casa natale); e quelle didattiche in collaborazione con l’Accademia di Belle Arti. Anche l’Accademia dei Bronzi intende rendere omaggio all’artista dedicandogli un premio di pittura rivolto a tutti gli artisti italiani.
La tappa conclusiva delle celebrazioni potrebbe essere, invece, l’allestimento di una mostra permanente dedicata a Rotella.
Gli eventi saranno coordinati dal comitato per le celebrazioni rotelliane, istituito dall’amministrazione comunale e presieduto dal sindaco Abramo e dal presidente Guglielmo, di cui fanno parte l’assessore alla cultura Daniela Carrozza, la vedova dell’artista, Inna Rotella, la direttrice del “Mimmo Rotella Institute”, Antonella Soldaini, il direttore della Fondazione Piero Mascitti, la direttrice dell’Accademia di Belle Arti, Anna Russo, e il critico d’arte Tonino Sicoli.