C’è ritmo calabrese nel tour mondiale della cantautrice italiana Tosca: nel gruppo di professionisti che affiancano l’artista nella tournée dell’anno (il 12 febbraio al via dall’Expo di Dubai) brilla il nome di Luca Scorziello, percussionista di Reggio Calabria ormai da anni stella della grande musica.
Laurea al conservatorio e anni di studio con le leggende delle percussioni (una per tutte: Josè Louis Quintana Changuito).
Tra le sue numerose collaborazioni i Tamburi Do Brasil, Rossana Casale, Dirotta su Cuba, Cecilia Gasdia, Samingad, Amedeo Minghi, Solomon Burke, Gianni Morandi e performance con Randy Crawford, Lionel Ritchie, Josh Groban, The Corrs, Dionne Warwick, Noa, Rumba De Mar, Sergio Cammariere, Lauryn Hill. Le tournée con Alex Britti e Anna Oxa e tanto altro ancora.
Il presente di Luca Scorziello si chiama Tosca e si muove sulle note di un progetto che parla le lingue del mondo, in musica: Morabeza.
“Tosca – annuncia il portale di Expo Dubai – artista eclettica che ha collaborato con i più grandi rappresentanti della musica italiana e internazionale, e il cui talento è stato premiato con i maggiori riconoscimenti italiani, è l’autrice ed interprete di questo viaggio tra tradizione e sperimentazione musicale intitolato “Morabeza”, il sentimento espresso dal termine capoverdiano, il sottile dolore che accompagna i momenti più intensi della nostra esistenza”.
E con Tosca, sui palcoscenici di vari Paesi del mondo con questo spettacolo ribattezzato a ragione un “omaggio alla multiculturalità”, ci sarà il reggino Luca Scorziello.
Yes Calabria lo incontra virtualmente nel suo studio sulla Nomentana, accanto alla sede romana della Rai dove, ormai da anni, Luca è membro stabile delle orchestre di programmi di successo, con Carlo Conti e Enrico Brignano.
Lo vediamo, circondato dalle percussioni che ha costruito sulle sue amate spiagge reggine, con i legnetti restituiti dalla risacca e impregnati dei suoni del suo Mediterraneo, che Luca trasfonde nella sua musica, portandola nel mondo. E, prima ancora, nell’anima.
Luca, parliamo di Tosca, di questo spettacolo e di questa tournée.
Come è iniziata la collaborazione con questa artista così poliedrica?
La collaborazione con Tosca è iniziata due-tre anni fa: mi chiamò per incidere il suo disco, Morabeza, che conteneva il brano portato a Sanremo. Nacque così un rapporto di lavoro e di amicizia, legato al disco, che sarebbe poi cresciuto nel tempo. Da lì, Tosca mi chiese se ero disposto a lavorare al tour.
È stata una rivelazione: trovare una artista che ha una visione e un approccio internazionali nello studio, negli arrangiamenti, nella costruzione di uno spettacolo, è qualcosa di raro e prezioso. C’è un feeling assoluto, cresciuto durante il primo tour estivo e rinsaldato durante il tour invernale, appena concluso nei teatri.
Adesso il tour mondiale. Il 12 febbraio a Dubai. Quali sono le emozioni alla vigilia del volo e dove vi porterà questo viaggio?
Sarà un viaggio musicale fantastico: Spagna, Portogallo, Francia. Tutte tappe bellissime e diverse tappe anche in Italia.
Il 12 febbraio Dubai, il 14 l’auditorium della Sorbonne University di Abu Dhabi, e poi Algeria. In autunno si intravede il Sudamerica. L’emozione è tanta, soprattutto perché dentro questo tour, che adesso tocca il mondo, c’è tanto lavoro e la condivisione di un percorso. Tosca canta in tante lingue diverse: africana, spagnola, portoghese, francese… Con arrangiamenti studiati, in stile.
Io ho dedicato tutta la mia vita a questo genere di studio, pur lavorando soprattutto con artisti pop.
Adesso, potermi esprimere nel genere che ho sempre coltivato, la world-music, è davvero un sogno che si realizza, un cerchio che si chiude.
Dubai: come sarà portare questa musica nella cornice di Expo?
Elettrizzante. Ho suonato a Gerusalemme e a Tel Aviv, ma non vedo l’ora di sperimentare questi nuovi luoghi. A Dubai avremo 23-24 gradi. A Roma fa un freddo pazzesco. E spero di conoscere anche artisti del posto, per poter imparare, ancora. Porterò una piccola telecamera, con la quale intervistare e incontrare musicisti con i quali aprire un dialogo, che è sempre vitale, una ricchezza imprescindibile.
Morabeza: ci spieghi meglio questo sentimento?
Tosca è stata a Capoverde per lavoro qualche anno fa… lì conobbe questo particolare “sentimento”, è ciò che una persona prova al ricordo delle proprie radici. È una parola che Tosca ha scelto per rappresentare anche questo progetto: il suo è un bagaglio culturale che fa crescere chi lavora con lei, che arricchisce.
La tua Calabria ti provoca sentimenti come questo?
Certamente sì: è come quando io penso al nostro lungomare, alla mia città, con la quale ho un rapporto di amore, passione, dove è nata la mia musica e dove c’è la mia meravigliosa figlia. Amo la mia terra e guai a chi me la tocca. Ma c’è, in tutta sincerità, anche una sensazione dolceamara, rispetto a una Calabria che vorrei più libera di esprimersi.
Il concerto è bellissimo, con musicisti pazzeschi: Massimo De Lorenzi alla chitarra e Giovanna Famulari – al violoncello, pianoforte e voce – sono due colonne portanti. Elisabetta Pasquale, al contrabbasso e voce, Fabia Salvucci alle percussioni e voce… Una squadra fortissima. La direzione musicale è di Joe Barbieri, le scene di Alessandro Chiti e l’allestimento scenico di Massimo Venturiello. Ci vorrebbe una vita per parlare di quanta esperienza ha ognuno di loro.
E Luca Scorziello, batteria e percussioni…
Già: io set misto. La cosa bella è che in questo spettacolo siamo tutti protagonisti. Tosca fa esprimere ogni componente in libertà, dandoci delle finestre con vari momenti di “solo”. Nel mio assolo c’è l’Africa, soprattutto, e tutto il Mediterraneo, c’è Napoli…è davvero un viaggio nelle musiche del mondo, attraverso culture e sonorità, curato nei dettagli. La regia di Massimo Venturiello amplifica e sottolinea ogni dettaglio, ogni tappa del viaggio. Tutto lo spettacolo è un gioiello.
Un momento del concerto che ami in particolare?
In “Alfonsina e il mar” la scena ci mette attorno a un tavolo e io inizio con il ritmo, suonandolo proprio sul tavolo. Un momento suggestivo e particolare, voluto da Tosca e del quale mi ha affidato l’arrangiamento ritmico. Durante il concerto il pubblico ha dimostrato di apprezzare particolarmente questi momenti così intensi e particolari. Cosa dire? Mi sento in un momento davvero fortunato, sono artisticamente e umanamente appagato. Ho trovato la mia dimensione.
Dal tour ai tuoi impegni in Rai: come sta andando nel post-pandemia?
Prima del Covid sono stato impegnato con il tour di Anna Oxa e con me c’era un altro importante artista reggino, il chitarrista Bruno Pugliese, con il quale c’è sempre grande feeling. Adesso ho finito la quarta edizione di “Un’ora sola ti vorrei”, con Enrico Brignano. Da dieci anni lavoro a “Tale e quale” con Carlo Conti. Io amo lavorare in orchestra e con la Rai c’è un rapporto consolidato. Poi è iniziata la mia esperienza con Tosca e abbiamo fatto circa due mesi di pausa a causa della pandemia.
Come l’avete vissuta voi artisti dello spettacolo?
Il primo anno è stato traumatico: si è fermato tutto. Noi artisti siamo stati colpiti. Io stavo girando la Corrida su Rai 1 e mancavano due puntate alla fine. Un giorno, durante le prove capivamo che stava succedendo qualcosa e poi, nel giro di poche ore, arrivò una comunicazione: si ferma tutto. Lì si capì la criticità della situazione. Abbiamo avuto paura. Io spero che questa fase serva davvero a farci riflettere e farci cambiare visione, che ci faccia imparare. Vedo, tuttavia, che il mondo continua imperterrito a seguire certe logiche.
Cosa porti in questo spettacolo con Tosca, della tua terra, della Calabria?
Io porto il mio tamburello, perché facciamo un momento musicale che si avvicina moltissimo ai nostri suoni, alla nostra tarantella, una parte pienamente mediterranea. Lì i miei pensieri sono tutti rivolti alla nostra terra. Le sonorità del Mediterraneo le porto nell’anima. Sono dentro di me.
Il tuo suono è intriso di fisicità: suoni anche la batteria con le mani. Perché?
Sì, è una novità in questo spettacolo: suono la batteria con le mani, non con le bacchette. Questa è stata una indicazione di Tosca, che mi ha fatto capire, scoprire, un nuovo approccio. Ho ritrovato – in questo percorso di crescita musicale con lei – anche le radici stesse dei miei studi. La mia laurea in jazz al conservatorio di Reggio mi ha dato una forma mentis aperta, modellabile. Che adesso ritorna. La mia tesi la sviluppai proprio sul set misto. Lo studio della batteria, delle percussioni, dei ritmi che nascono in Africa (negli anni ‘20 non si usava il “tom” ma uno strumento che era più conga o un djembe): questo suonare la batteria con le mani mi ha riportato indietro, dove tutto è nato: la culla da dove poi si è contaminato tutto con altre culture è sempre mamma Africa. All’inizio mi sembrava strano suonare la batteria con le mani: adesso è diventata una mia peculiarità e molti colleghi iniziano a provarla, me la “riconoscono”, in qualche modo.
Cosa ami di più di Tosca e di questo progetto insieme?
Credo che la nostra radice comune sia la voglia della scoperta e il Brasile. Io ho studiato in quei luoghi e a Cuba mi sono formato. Lo spettacolo e la musica di Tosca sono questo: un viaggio, incontri, un contenitore culturale forte, ampio, un dialogo continuo. È un percorso impegnato e impegnativo: durante il concerto sono sempre concentratissimo. Un privilegio esserne parte.
Tu hai creato in Calabria il progetto della tua Orchestra di Tamburi. Tanti ragazzi si sono anche formati, con la tua musica…
Quello è un progetto che porto nel cuore. Quando Tosca ha visto l’Orchestra dei Tamburi, sulla quale avevo investito moltissimo, è rimasta incantata. Avrei voluto far nascere qualcosa di davvero grande e stabile. Le difficoltà incontrate non lo hanno reso possibile.
Un consiglio ai giovani musicisti , soprattutto calabresi, che ti hanno sempre visto come un punto di riferimento. Cosa consigli loro, alla luce della tua carriera e delle tue esperienze internazionali?
Inutile nasconderci le difficoltà di essere musicisti in Calabria. Io consiglio di non perdere mai la curiosità. Aprirsi, fare musica dialogando, confrontandosi, e cercare sempre nuovi contesti nei quali misurarsi. La musica è comunicazione. Sentire i propri respiri, accordandoli con quelli degli altri. Essere curiosi significa crescere. La cultura stessa è curiosità.
*Le foto a corredo dell’articolo sono state fornite da Luca Scorziello. I crediti sono indicati nelle immagini.
WEBSITE: tizianatoscadonati.it